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Alto-Adige TV – Speciale Elezioni Politiche 2018 | Johann Gruber, candidato de Il Popolo della Famiglia

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Articolo tratto da “Alto Adige” del 24/04/2014, pag. 20

http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2014/04/24/news/l-idv-basta-con-le-lobby-1.9103723

BOLZANO. «Voglio un’Europa che sia più dei cittadini o dei contribuenti e meno delle lobby o dei tedeschi». Detto da Johann Gruber che tedesco lo è perlomeno di madrelingua fa un certo effetto eppure è questo lo slogan che sceglie per presentarsi come capolista della locale Italia dei Valori alla Europee.
Gruber, classe ’61 sposato con tre figli, ha un passato professionale nelle sfere dirigenziali delle Poste e oggi è direttore della cancelleria ma soprattutto è un fiero critico della politica di Luis Durnwalder e della Germania europea. «Il sistema attuale dei trattati pone solo le basi per favorire il Paese tedesco e chi lo segue a ruota come Austria o Olanda. Si è cercato di fare dell’Euro il nuovo Marco altrimenti non si spiegherebbe un tasso di cambio a 1,38 contro il Dollaro quando il buon senso non lo vorrebbe oltre l’1,20». Oltre alla valuta, però, bisognerebbe intervenire anche sul fiscal compact e l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. «Un assurdo, solo l’Italia lo ha fatto per far vedere di essere determinata a mantenere i patti ma fu un errore da correggere».
Gruber, come detto, ha avuto scarso feeling anche con l’ultimo Landeshauptmann. «Si è impegnato tanto a costruire strade e spendendo in investimenti dal dubbio ritorno come l’hotel Terme a Merano. Avesse messo più soldi nel sociale, nelle famiglie e a sostegno dei lavoratori avrebbe attuato una politica più sensata». Ora, però, a Palazzo Widmann siede Arno Kompatscher: «Altro stile e altro modo di porsi. Ho fiducia in lui, credo possa fare bene il presidente della Provincia».
Tornando alle Europee, tuttavia, c’è un dettaglio che pesa in modo decisivo sulle sorti di Italia dei Valori: la soglia di sbarramento. Per un partito con un declino che lo attesta all’1 o 2% sarà difficile risalire la china in modo così netto. «È davvero – conferma Gruber – una sfida complessa raggiungere il minimo per entrare nel Parlamento Europeo. Ognuno di noi farà del suo meglio e poi vedremo cosa saremmo riusciti ad ottenere. Voglio sottolineare, però, che questo gruppo è rimasto al fianco di un partito e delle sue convinzioni anche in un momento di oggettiva difficoltà. È un pregio in un ambiente dove abbondano le bandiere al vento».

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Politische Wahlen Parlament Italien 24-25.02.2013 | Elezioni politiche Parlamento Italia 24-25/02/2013

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Mentre si sprecano i luoghi comuni sull’Italia che starebbe fallendo, simboleggiata dalla crociera Costa Concordia che dopo un naufragio ora giace incagliata all’Isola del Giglio, c’è invece un’altra Italia che lavora, che primeggia in molti settori della cultura, della civiltà, dell’economia; questo concetto è ben rappresentato nello spot della nuova Fiat Panda, fiore all’occhiello dell’industria automobilistica nel settore delle utilitarie.

L’impatto di tale video è stato tale che addirittura l’Unità, storico giornale del Partito Comunista Italiano e ora della Sinistra italiana, ne prende spunto per un articolo che, senza poter rinnegare l’atavica ostilità a quello che viene visto come un simbolo del “capitalismo”, lascia trasparire una sorprendente scintilla di ammirazione per un prodotto ed il relativo veicolo pubblicitario di innegabile impatto. Ecco dunque il testo dell’articolo in questione:

L’Italia-Panda di Marchionne

23 gennaio 2012

La Fiat riparte da uno spot. Per il lancio della nuova Panda, l’azienda torinese confeziona novanta secondi sull’Italia che piace, scatta la sua fotografia del paese e sovraimprime ad essa la nuova utilitaria «squircle»: un po’ tonda un po’ quadrata, come se a Marchionne fosse riuscito finalmente di quadrare il cerchio. E siccome lui è uomo del fare, impacchetta il tutto con parole che più pragmatiche, anzi pragmatiste, non si può: «le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo». Tanto di cappello: a Torino, il pragmatismo lo conoscono. Da lì veniva il primo filosofo pragmatista italiano, Giovanni Vailati, che nel 1899 – proprio l’anno della nascita della Fabbrica italiana di Automobili – lascia l’università e si trasferisce al sud, dove prova a gettare il seme di una proposta filosofica inedita in Italia, ma già diffusa in America. Il seme non attecchirà: un po’ perché Vailati morirà prematuramente, un po’ perché il paese prenderà di lì a poco ben altra piega (alla quale Agnelli, fatto senatore, aderirà). Ma poco più di un secolo dopo, grazie alla fabbrica torinese – oggi un po’ meno di Torino e dell’Italia, un po’ più di Detroit e dell’America – quel seme viene piantato nuovamente al sud: negli stabilimenti di Pomigliano, dove si produce la nuova Panda.
E siccome dal punto di vista pragmatista la verità è negli effetti che produce, vediamo pure, in omaggio a Vailati e allo slogan, lo spot che effetto fa.
Si comincia con rumori di fabbrica e operai al lavoro. Una voce paterna e rassicurante, un filo autoritaria ma comunque benevola, domanda quante Italia conosciamo. Presenta quelle di maniera, l’Italia dei talenti e dell’inventiva, dell’intramontabile genio italico, ma poi arriva al dunque: è il momento di decidere, di rimboccarci le maniche, ci vogliono grandi imprese industriali per tirarci fuori dai luoghi comuni e darci ancora un futuro. Ci vuole una nuova Panda tutta rossa, insomma, e la voce conclude: «questa è l’Italia che piace».
Ora, la domanda di schietto tono pragmatista non può non essere: che piace a chi, di grazia? A chi deve piacere l’Italia? Nei pragmatici anni Ottanta andava molto lo slogan «piace alla gente che piace», che aveva almeno il pregio di dire a chi si doveva piacere. Qui, è da presumere, non lo si può dire a chiare lettere, con la stessa forza stereotipata dei Pulcinella, del Vesuvio e delle caffettiere che nello spot scorrono a rappresentare il passato, perché altrimenti si sarebbe dovuto dire: ai padroni. O almeno ai committenti. Meglio, dunque, glissare, così che si possa intendere: ai mercati, agli investitori, all’America. Come se per far bene le cose ed entrare nel futuro l’Italia dovesse mollare la zavorra di un passato irredimibile, tutto maschere e folclore e pause caffè.
Insomma: la posizione di Vailati nella cultura filosofica del ‘900 è ancora discussa, ma la posizione che l’Italia ha nell’ideologia pubblicitaria targata Fiat non dà adito a dubbi. La voce fuori campo sa essere morbida e suadente, ma il pragmatismo veicolato dell’americano Marchionne suona invece molto poco filosofico e molto, decisamente molto, spiccio.

Interessante anche un testo pubblicato sul quotidiano la Repubblica che evidenzia gli aspetti schizofrenici del rapporto di molti italiani con quella che è comunque la maggiore industria italiana, cioè il gruppo Fiat. Ecco tale testo apparso su Repubblica.it:

Commenti beceri e senza fantasia. Abbiamo appena celebrato il 150esimo dell’Italia unita e ora se Marchionne fa vedere la bandiera italiana è “sabaudo”. Lo spot Panda mette in difficoltà le litanie antimarchioniane.

Bravissimo a rivoluzionare le relazioni sindacali, meno nel vendere le auto, Sergio Marchionne inaugura ora un nuovo tipo di spot pubblicitario: lo spot ideologico.
Lo stesso Ufficio Comunicazione della Fiat, nel segnalare a noi giornalisti il video pubblicitario della Panda, scrive: “Non si tratta di un vero e proprio spot, ma di un manifesto per l’Italia”.
Lo spot si muove sul filo, è forte e provocatorio nei contenuti, ma risulta anche molto sabaudo e abbastanza spericolato nella rappresentazione che offre del Sud Italia.
Lo spot elenca tutte le Italie che conosciamo: “Quella dell’arte, quella della grande inventiva, quella del talento costruttivo. Quella del Paese pittoresco”. E – a proposito di “pittoresco” – eccolo proporre l’immagine di Pulcinella e poi di una città che somiglia molto a Napoli.
Continua lo sport evocando “l’Italia dei giovani che cercano un futuro”. Giovani disoccupati dai forti tratti meridionali, mostrati nel filmato con un mercatino rionale sullo sfondo, di quelli che si sprecano a Napoli.
Lo spot cita adesso “l’Italia delle grandi sfide industriali” e mostra così gli operai Fiat di Pomigliano, tutti al lavoro, tutti in tuta bianca.
Prosegue lo spot: “E’ il momento di decidere se essere noi stessi o accontentarci dell’immagine che vi vogliono dare”. E come immagine stereotipata e forse negativa dell’Italia ecco un piatto di maccheroni al sugo e un cameriere che esce dalle cucine per servire il piatto in tavola.
Recita ancora lo spot: “In Italia ogni giorno c’è qualcuno che si sveglia e mette nel suo lavoro il talento, la passione, la creatività. Ma soprattutto la voglia di costruire una cosa ben fatta. Le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo. Nuova Fiat Panda, questa è l’Italia che piace”.
Liberi di giudicare se uno spot del genere aiuterà davvero la Fiat a vendere la Panda ai meridionali, ai giovani disoccupati di Napoli, ai camerieri che lavorano (onorevolmente) in un ristorante. Persone che pure sarebbero interessate ad una utilitaria dal prezzo contenuto.

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Corriere della Sera | 2011-11-04

Iniziativa lodevole quella di Giuliano Melani, “concittadino” italiano di Pistoia, il quale ha acquistato un’intera pagina del Corriere della Sera per rivolgere un accorato appello agli italiani per combattere la speculazione in atto contro il debito pubblico italiano: “Facciamo uno sforzo, compriamo il nostro debito. Chi più ne ha più ne metta.”

Iniziativa questa che non può che essere condivisa, con una precisazione importante, però: Gli italiani, quelli veri, lo stanno già facendo, l’hanno sempre fatto!

Oltretutto, si tratta di un ottimo investimento (quale altro investimento attualmente offre un 5-6% di interessi “sicuri”?), mentre la tesi di chi azzarda che l’Italia possa “fallire” è semplicemente ridicola, così come quelli che la sostengono non sono altro che dei cialtroni!

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